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La guerra tra i ricchi, i morti tra i poveri

  • Marzo 21, 2011 15:20

Ancora un volta le truppe della morte occidentali hanno mobilitato il loro apparato bellico internazionale in nome della “pace”. E ancora una volta c’è di mezzo il petrolio. Semplice coincidenza? Assolutamente! Quando si parla di pace, e per pace si intende la situazione di pacifica e ordinata sussistenza delle attuali condizioni (cioè l’equilibrio del sistema), è ovvio che essa non si può ottenere, se non assicurandosi  la principale risorsa che permette il funzionamento degli ingranaggi  del suddetto sistema. Quindi una guerra per il petrolio, è sempre e comunque una guerra per la pace!

Sono tempi di rivolte e insurrezioni, catastrofi naturali, crisi politiche ed economiche, problemi sociali e psichici, e l’ordine beato della pace tanta cercata dai padroni, sembra sempre più lontano. Il caos che regola questo cosmo  non è stato affatto sconfitto da tutti i tentativi impacciati dell’uomo o del sistema, che ha sempre tentato di ingabbiarlo e ordinarlo. Così per non rendere vani  anni e anni di sfruttamento selvaggio e devastazioni, che hanno permesso alla pace e ai suoi portatori di imporre il proprio ordine e la propria autorità sul mondo,  bisognava fare assolutamente qualcosa.  Stavolta poi sono le porte di casa che vanno a fuoco, il mediteranno è a portata di uno sputo, e l’eco dell’insurrezione, o peggio ancora la vittoria di un rais che si terrebbe per sé poi tutto il petrolio, comprometterebbe irrimediabilmente la pace in tutto il mondo globalizzato. Quindi prima si pensa a riappropriarsi del petrolio, e dopo, come già dichiarato da tutte le forze occidentali, si lavora per stabilire un regime occidentale in Libia, e porre quindi fine all’insurrezione.

Fu così che i baldanzosi Sarkozy e Cameron, consci di non poter lasciare la difesa di questa pace in mano ad una NATO siglata USA che aveva già dimostrato diverse pecche ed affanni in Iraq e Afghanistan , inventarono una coalizione per la pace nel mondo (con l’Italia sempre pronta ad esportare la propria pace firmata Finmeccanica ovunque) e iniziavano a bombardare la Libia ancora pregna del prezioso greggio, risolutore di tutti i conflitti.

E intanto la gente muore… Muore silurata dai missili di un esaltato come Gheddafi, che mai sazio di potere preferirebbe governare una terra senza una sola anima piuttosto che cedere il suo posto. Muore bombardata dai caccia della coalizione della/ per la pace. In ogni caso, quando i signori della guerra, bianchi o neri che siano (e questi non sono altro che i nostri Stati e le nostre Istituzioni) si muovono, la gente muore. E muore senza sapere un perché, in nome di una pace che non sanno bene nemmeno cosa sia, e che benefici non ne glie porterà di certo.  Una pace che vuole soltanto che tutti calino la testa ed obbediscano, si lascino sfruttare quando le esigenze dei padroni lo richiedono, e si lascino ammazzare quando questa pace va difesa. E’ una pace che necessita di servi, che porta all’immobilità della vita, alla monotona routine insoddisfacente, alla fredda visione e previsione dell’esistente. E’ una pace che vuol dire morte!

“Ah, Come è volgare la morte che danza senza avere sul dorso le ali di un’idea… Che cosa idiota morire senza sapere il perché…”

Come succede di solito, la lezione da imparare arriva sempre dai terzi incomodi della storia. Mentre infatti i potenti si fanno la guerra a suon di bombe e morti, c’è chi ha trovato il vero senso della vita! Quelle migliaia di persone che hanno imbracciato con gioia il fucile contro il tiranno, che si ritrovano con amore fraterno sui fronti e sulle barricate, e che stanno combattendo quello che per anni nel loro paese è stato il simbolo della pace. Ci invitano ad emularli, a mettere in gioco le nostre noiose esistenze, a scendere in strada per  voler cambiare il mondo apatico che ci circonda, a riappropriarci delle nostre vite, il che vuol dire anche morire lottando, dare un senso perfino alla propria morte. Ci invitano ad aiutarli, perché l’insurrezione contro lo Stato, contro ogni Stato,  è, tra l’altro, l’unico mezzo per debellare la guerra e i massacri dalla faccia di questo pianeta.

Contro la guerra e contro la pace!

Solidarietà vera con gli insorti in Libia

Anti-militaristi per l’insurrezione

DAX VIVE E CONTINUA A ODIARE

  • Marzo 16, 2011 15:15

Nella notte fra il 16 e il 17 marzo 2003 moriva assassinato Davide “Dax” Cesare, militante del Centro Sociale O.R.So (“Officina di Resistenza Sociale”) di Milano, accoltellato da tre neofascisti all’uscita di un bar. L’aggressione è rapida e particolarmente violenta: Davide non giungerà vivo all’ospedale; altri due ragazzi sono feriti. Dax muore, e per i suoi compagni al dolore si aggiunge la violenza delle forze dell’“ordine”: accorsi all’ospedale, infatti, vengono caricati e picchiati brutalmente dalla polizia, senza motivo alcuno.

Infine giunge l’ultima vergogna: le menzogne degli apparati dello Stato, assecondati da organi di stampa sempre compiacenti e aiutati a posteriori dalla copertura morale prontamente offerta da certi politici. L’omicidio viene spiegato con il degenerare di una “rissa tra balordi”.

Quanto agli assassini, solo uno –il fratello maggiore- è stato condannato a 16 anni di reclusione: il fratello minore è condannato a 3 anni di “messa in prova” ai servizi sociali, mentre il padre è stato condannato a 3 anni e mezzo di reclusione per il tentato omicidio di uno dei compagni aggrediti quella sera.

IL FASCISMO VA COMBATTUTO QUOTIDIANAMENTE PERCHÉ OGGI PIÙ CHE MAI SI NASCONDE TRA LE FILA DELLE ISTITUZIONI E VIENE PROTETTO DALLE FORZE DI POLIZIA MENTRE PER LE STRADE LE AGGRESSIONI E LE COLTELLATE AVVENGONO ANCORA OGGI.

NON DIMENTICHIAMO!

NON PERDONIAMO!

DAX VIVE E LOTTA INSIEME A NOI


Benefit

  • Marzo 16, 2011 15:13

Parte del ricavato dei questa serata sarà dato in benefit a un compagno che ha ricevuto dalla questura un foglio di via.

Il provvedimento è stato adottato perché lo si è ritenuto un “pericolo sociale” a causa della sua attività politica.

Ha portato avanti con tutti/e noi le lotte contro l’università-azienda per rendere la cultura libera, trasmissibile e condivisibile, perché essa alimenti il vivere, invece di diventare una gabbia in cui incasellare le nostre vite. Ha partecipato alle lotte sociali a Bologna, per i diritti di tutti/e (come la casa e gli spazi di socialità), per costruire una città che rifiuti il razzismo e l’intolleranza e quindi respinga i fascismi nelle loro molteplici forme.  Come tutti/e noi si è sentito coinvolto nel tentativo, tuttora in corso, di risvegliare questa città dopo il periodo “oscurantista” dello Sceriffo Cofferati e dei suoi omologhi odierni e renderla luogo d’incontro e di sorriso, contro l’autoritarismo che ci vuole rinchiusi se osiamo batterci per la giustizia sociale e la libertà di espressione. Rifiutando la xenofobia e la discriminazione sessuale ha contribuito alle battaglie contro chi, anche oggi, li alimenta e li sfrutta per ottenere un briciolo di potere.

Abbiamo un’ulteriore conferma della repressione statale che colpisce in tutti i modi possibili chi lotta per esprimere le proprie idee.

Né i loro manganelli né i loro pezzi di carta riusciranno a dividerci.

Non lasceremo un compagno da solo ad affrontare le enormi spese necessarie per il ricorso contro questo esilio.


PENSARE
SOGNARE
LOTTARE