Il Natale: business dei consumi
Suona la sveglia. Sono le 8. È il 23 dicembre, si avvicinano gli ultimi giorni di ferie. Ricomincia una giornata di merda. Allo stress del lavoro si è rapidamente sostituito quello generato da famiglia, folle e centri commerciali. Mi vesto velocemente, mio figlio piange nella stanza di fianco, mia moglie strilla qualcosa dalla cucina, esco dalla camera e lì mi si presenta il solito scenario: fila di lucine multicolor 80’s style che si protendono come tentacoli trash che avvolgono ogni superficie; guardando più in là vedo un “fintabete” verde smeraldo strabordante di ammennicoli opalescenti, e ai suoi piedi carte metallizzate e sbrilluccicanti racchiudono inutilità di ogni genere: dal rosario elettronico (sarà una bellissima sorpresa…), al poggiapiedi antifunghi per la piscina… entro in cucina. Dal televisore un giornalista racconta l’ultimo stupro di massa compiuto da un prete sui bambini. Mi siedo, e durante la colazione arriva la terribile notizia: devo tornare in quell’osceno centro commerciale, infestato da maniaci dello shopping natalizio e preadolescenti che sorseggiano drink colorati armati di bustone Mc. Esco di casa, non ho neanche il tempo per incazzarmi che sono già arrivato. Il parcheggio è stracolmo ma per fortuna sono a piedi… inizia lo slalom umano di carrelli; velocemente mi avvicino al negozio di giocattoli. Entro e vado dritto alla sezione “guerra moderna”. Sono tre mesi che mio figlio continua a scrivere letterine a babbo natale che sembrano foto report di guerra: vuole il set della ricostruzione della battaglia di Bassora montabile… lo trovo sullo scaffale, ne sono rimasti pochi. Sulla confezione stampato in rosso c’è un grosso “made in taiwan”. È la fantomatica goccia. Butto il giocattolo ed esco velocemente dal negozio, prendo la strada di casa e appena arrivato chiamo mia moglie. Quest’anno basta lucine, kitscherie e regali. Il fantomatico “amore per il prossimo” crisitiano si materializza in un consumismo sfrenato, materialista e superficiale. Un consumo evocato da ogni tassa mediatica ed immune alle reali condizioni in cui si versa quotidianamente e in cui si subisce una continua violenza psicologica. Loghi, marchi, stand espositivi e pubblicità di ogni genere, si radicano nella mente e trasformano la repressione giornaliera (licenziamenti, sfruttamento per creare gli stessi prodotti natalizi per commerciare, ribassi salariali) in frivolo consumo.
Il natale nasce come diretta evoluzione delle feste pagane che si svolgevano a dicembre (il solstizio d’inverno e i saturnali durante l’impero romano). Fu immediatamente strumentalizzato dalle logiche di potere che lo sostituirono alle vecchie festività pagane, per addolcire il passaggio dal politeismo a monoteismo di stato. Da allora questo oscuro utilizzo della festività come ulteriore dispositivo di controllo sociale è una pratica che si è andata sempre più affermando. Con l’arrivo del capitalismo a questa funzione se n’è aggiunta un’altra ugualmente temibile: la spinta al consumo fine a se stesso.
Assemblea anticlericale scienze politiche