Anticapitalismo
La guerra tra i ricchi, i morti tra i poveri
Ancora un volta le truppe della morte occidentali hanno mobilitato il loro apparato bellico internazionale in nome della “pace”. E ancora una volta c’è di mezzo il petrolio. Semplice coincidenza? Assolutamente! Quando si parla di pace, e per pace si intende la situazione di pacifica e ordinata sussistenza delle attuali condizioni (cioè l’equilibrio del sistema), è ovvio che essa non si può ottenere, se non assicurandosi la principale risorsa che permette il funzionamento degli ingranaggi del suddetto sistema. Quindi una guerra per il petrolio, è sempre e comunque una guerra per la pace!
Sono tempi di rivolte e insurrezioni, catastrofi naturali, crisi politiche ed economiche, problemi sociali e psichici, e l’ordine beato della pace tanta cercata dai padroni, sembra sempre più lontano. Il caos che regola questo cosmo non è stato affatto sconfitto da tutti i tentativi impacciati dell’uomo o del sistema, che ha sempre tentato di ingabbiarlo e ordinarlo. Così per non rendere vani anni e anni di sfruttamento selvaggio e devastazioni, che hanno permesso alla pace e ai suoi portatori di imporre il proprio ordine e la propria autorità sul mondo, bisognava fare assolutamente qualcosa. Stavolta poi sono le porte di casa che vanno a fuoco, il mediteranno è a portata di uno sputo, e l’eco dell’insurrezione, o peggio ancora la vittoria di un rais che si terrebbe per sé poi tutto il petrolio, comprometterebbe irrimediabilmente la pace in tutto il mondo globalizzato. Quindi prima si pensa a riappropriarsi del petrolio, e dopo, come già dichiarato da tutte le forze occidentali, si lavora per stabilire un regime occidentale in Libia, e porre quindi fine all’insurrezione.
Fu così che i baldanzosi Sarkozy e Cameron, consci di non poter lasciare la difesa di questa pace in mano ad una NATO siglata USA che aveva già dimostrato diverse pecche ed affanni in Iraq e Afghanistan , inventarono una coalizione per la pace nel mondo (con l’Italia sempre pronta ad esportare la propria pace firmata Finmeccanica ovunque) e iniziavano a bombardare la Libia ancora pregna del prezioso greggio, risolutore di tutti i conflitti.
E intanto la gente muore… Muore silurata dai missili di un esaltato come Gheddafi, che mai sazio di potere preferirebbe governare una terra senza una sola anima piuttosto che cedere il suo posto. Muore bombardata dai caccia della coalizione della/ per la pace. In ogni caso, quando i signori della guerra, bianchi o neri che siano (e questi non sono altro che i nostri Stati e le nostre Istituzioni) si muovono, la gente muore. E muore senza sapere un perché, in nome di una pace che non sanno bene nemmeno cosa sia, e che benefici non ne glie porterà di certo. Una pace che vuole soltanto che tutti calino la testa ed obbediscano, si lascino sfruttare quando le esigenze dei padroni lo richiedono, e si lascino ammazzare quando questa pace va difesa. E’ una pace che necessita di servi, che porta all’immobilità della vita, alla monotona routine insoddisfacente, alla fredda visione e previsione dell’esistente. E’ una pace che vuol dire morte!
“Ah, Come è volgare la morte che danza senza avere sul dorso le ali di un’idea… Che cosa idiota morire senza sapere il perché…”
Come succede di solito, la lezione da imparare arriva sempre dai terzi incomodi della storia. Mentre infatti i potenti si fanno la guerra a suon di bombe e morti, c’è chi ha trovato il vero senso della vita! Quelle migliaia di persone che hanno imbracciato con gioia il fucile contro il tiranno, che si ritrovano con amore fraterno sui fronti e sulle barricate, e che stanno combattendo quello che per anni nel loro paese è stato il simbolo della pace. Ci invitano ad emularli, a mettere in gioco le nostre noiose esistenze, a scendere in strada per voler cambiare il mondo apatico che ci circonda, a riappropriarci delle nostre vite, il che vuol dire anche morire lottando, dare un senso perfino alla propria morte. Ci invitano ad aiutarli, perché l’insurrezione contro lo Stato, contro ogni Stato, è, tra l’altro, l’unico mezzo per debellare la guerra e i massacri dalla faccia di questo pianeta.
Contro la guerra e contro la pace!
Solidarietà vera con gli insorti in Libia
Anti-militaristi per l’insurrezione
FESTA BRIGANTE
FESTEGGIAMO ANCHE NOI L’UNITÀ D’ITALIA!
Mentre gli impavidi garibaldini percorrevano l’Italia da cima a fondo combattendo per la costruzione della nazione, il meridione si preparava ad accoglierli: molti contadini scappavano nei boschi per non essere reclutati e organizzare la resistenza.
Con la nascita effettiva del Regno d’Italia iniziarono a sorgere insurrezioni popolari contro il nuovo governo: Le condizioni economiche erano peggiorate, le tasse aumentate così come il prezzo dei beni di prima necessità; la questione demaniale dovuta all’opportunismo dei ricchi proprietari terrieri si era acutizzata.
Detenendo il monopolio della forza della legge nonché del denaro, il nuovo stato s’impose sul territorio con metodi brutali, soffocando le rivolte nel sangue.
Dopo la sconfitta dei briganti l’Italia poté contare su nuovi terreni da sfruttare, nuovi soldi derivanti dalle tasse, creando un divario tra Nord e Sud che ancora oggi ci portiamo sulle spalle.
Vogliamo ricordare le centinaia di persone che combatterono e persero la vita per fare in modo che i potenti potessero espandere le linee immaginarie della loro proprietà, che ancora oggi difendono con metodi disumani.
DAX VIVE E CONTINUA A ODIARE IL FASCISMO
Nella notte fra il 16 e il 17 marzo 2003 moriva Davide “Dax” Cesare, militante del Centro Sociale O.R.So (“Officina di Resistenza Sociale”) di Milano, viene accoltellato da tre neofascisti all’uscita di un bar. L’aggressione è rapida e particolarmente violenta: Davide non giungerà vivo all’ospedale; altri due ragazzi sono feriti.
Infine giunge l’ultima vergogna: le menzogne degli apparati dello Stato, assecondati da organi di stampa sempre compiacenti e aiutati a posteriori dalla copertura morale prontamente offerta da certi politici. L’omicidio viene spiegato con il degenerare di una “rissa tra balordi”.
Il fascismo va combattuto quotidianamente perché oggi più che mai si nasconde tra le fila delle istituzioni e viene protetto dalle forze di polizia mentre per le strade le aggressioni e le coltellate avvengono ancora oggi.
Non perdoniamo! Non dimentichiamo! Dax vive e lotta insieme a noi.
FOGLIO DI VIA. SOLIDARIETA’
A fine febbraio a un compagno è stato notificato il foglio di via da Bologna (assegnatogli a discrezione del questore un anno e mezzo fa e mai comunicatogli) per presunta pericolosità sociale. Tale accusa sarebbe giustificata secondo la nostra beneamata questura da alcune denunce riguardanti: scritte apparse sui muri, un corteo non autorizzato svolto in città e occupazione temporanea del rettorato per protestare contro lo sgombero dell’Aula Scaravilli (nel 2005/2006). Ovvero dalle azioni di attività politica che conduceva sul territorio. Abbiamo un’ulteriore conferma della repressione statale che colpisce in tutti i modi possibili chi lotta per esprimere le proprie posizioni contro l’università-azienda, per la libertà di manifestare, contro l’autoritarismo che ci vuole rinchiusi se osiamo batterci per lagiustizia sociale e la libertà di espressione, se solidarizziamo con i nostri fratelli rinchiusi in un carcere o in un CIE. Né i loro manganelli né i loro pezzi di carta riusciranno a dividerci. Non lasceremo un compagno da solo ad affrontare le enormi spese necessarie per il ricorso contro questo esilio, perciò abbiamo deciso di destinare parte del ricavato della festa a lui.
In piazza con i lavoratori, non con la Fiom
Ogni lotta ha bisogno di essere fertilizzata, ha bisogno di ramificarsi e ancorarsi nel terreno, e poi espandersi alla luce del sole, salda sulle sue radici. In questo modo produrrà i frutti sperati.
L’attacco che la classe dei potenti e padroni sta sferrando dall’alto dei suoi palazzi, è rivolta ovviamente alla classe più debole, alle fasce apparentemente più indifese, alle fasce più facilmente ricattabili, come dimostra nella pratica l’arroganza con cui dettano legge, ciechi ai bisogni della popolazione: la destra (e purtroppo, nei fatti, non solo lei!) e la sua politica volta a istituzionalizzare il razzismo e il terrore dell’altro attraverso pacchetti sicurezza e CIE, la ministra Gelmini che apre le porte delle università a quei baroni che dice di contrastare, Marchionne che promuove il referendum apparentemente democratico di Mirafiori, nonché gli sciacalli che approfittano del malcontento operaio. Concepire gruppi di persone come blocchi omogenei e non differenziati al loro interno, isolare le varie vicende in compartimenti stagni, come se ognuna fosse autoreferenziale e indipendente dalle altre, è non solo peccare nell’analisi, ma soprattutto fare il gioco dei padroni: restare divisi, non parlarci, non confrontarci, ma soprattutto non aiutarci l’un l’altro.
Gli studenti sono riusciti a staccarsi dal modello rappresentativo imposto, fatto di persone che non li capiscono poiché non vivono gli stessi problemi nella vita e che non li ascoltano perché troppo impegnati a fare soldi e carriera nella loro. Gli studenti sono stati la scintilla e il primo germoglio della lotta, e questo la storia ce lo ha mostrato più volte, ma non bastano a sé stessi, come nessun altro basta a sé stesso. In quanto individui che hanno abbandonato la delega del proprio futuro, ci troviamo impossibilitati a concepire un dialogo con i rappresentanti degli altri, cercando invece un rapporto uno ad uno con le persone, con i loro problemi, i loro pensieri, con le loro opinioni che sono mille e diverse, non una e univoca rappresentata dai sindacati come ci vogliono far credere.
La vera forza nasce dall’unione sincera e partecipata, e la vera unione nasce da una continua e quotidiana pratica di diffusione delle idee, di confronto con l’altro, di contaminazioni tra realtà che vogliono farci vedere diverse e divise, ma che in verità sono infinite facce di una stessa medaglia.
Per questo oggi abbiamo deciso di scendere in piazza non con un corteo parallelo studentesco, non con il corteo FIOM, ma con i lavoratori e tra i lavoratori: per cercare un dialogo con chi davvero subisce lo stress di vivere infinite giornate sempre più uguali tra loro, di chi davvero lavora con la paura costante di restare ferito o peggio ucciso, di chi è costantemente sotto ricatto perché “O SFRUTTATO O DISOCCUPATO”.
INSIEME POSSIAMO PRENDERCI TUTTO.
Assemblea Anticapitalista