Fogli di via e avvisi orali
La sera del 23 maggio la DIGOS entra in casa di due nostri compagni per notificare loro l’avvio delle procedure per l’applicazione del “foglio di via” da Bologna.
La mattina del 26, invece, tocca ad un altro compagno ricevere questa spiacevole visita: a lui sarà notificato un avviso orale.
Qualche giorno dopo ad un altro compagno di Ferrara verrà notificato lo stesso procedimento per il foglio di via da Bologna.
Il foglio di via è un provvedimento amministrativo, istituito durante il  ventennio fascista, che proviene direttamente dalla questura e sfugge  all’autorità giudiziaria della magistratura. Prevede l’allontanamento  coatto dalla città, per un periodo di tempo stabilito del soggetto  “pericoloso”. Noi la chiamiamo per quella che è: deportazione!
L’avviso orale è una comunicazione della questura, che avverte il  destinatario di “cambiare condotta” e sottostare fermamente alle leggi  dello stato, pena la persecuzione giudiziaria, con provvedimenti come la  sorveglianza speciale. Noi la chiamiamo per quella che è: minaccia!
La questura è la sede della polizia, quel gruppo di gente annoiata che  gira nelle nostre città a reprimere e controllare, che non vede l’ora di  sfogare le frustrazioni generate dalla subordinazione da servo, sul  primo “irregolare” che stana per strada a commettere un reato. E’ quella  che manganella operai e studenti perché vogliono pane e futuro, è  quella che sgombera le case abbandonate, occupate da gente che non ha  dove abitare. La polizia è quella che deporta centinaia di persone nei  campi di concentramento italiani (CIE) e quella che ne arresta migliaia  perché non sono volute sottostare alle condizioni di questo mondo: chi  ruba o chi spaccia, perché non trova lavoro e non sa come campare  altrimenti, chi si oppone e combatte contro l’ingiustizia di questo  sistema. La polizia è quella che difende gli interessi e la sicurezza  dei ricchi dalla minaccia sociale che rappresenta chi ha fame, chi non  ha dove dormire, chi si vede negato il futuro, chi vuol riappropriarsi  di quello che gli hanno tolto, chi si ribella. E si è visto in questi  giorni cosa difende la polizia, a Genova e Castellammare di Stabbia,  dove gli operai che protestavano per la perdita del loro lavoro sono  stati caricati dai celerini, così come si è visto durante le  manifestazioni studentesche, o in Val di Susa quando sgomberano i  presidi No Tav, così come si è potuto vedere sempre.
Anche i poliziotti e le poliziotte, noi li chiamiamo per quello che sono: SERVI.
I compagni che sono stati colpiti da queste misure cautelari, sono  compagni che non hanno mai avuto paura di dire ciò che pensano di questo  mondo, basato sullo sfruttamento delle persone, sullo sciacallaggio  delle risorse, sulla devastazione delle terre, sulla guerra e  sull’oppressione. Sono compagni che hanno preso parte alle mobilitazioni  studentesche di quest’autunno, all’occupazione di Scienze politiche,  alle lotte operaie del bolognese, alla lotta contro i CIE, alle lotte  antifasciste, alla lotta contro la guerra dei padroni. Sono compagni che  non sono inclini a chinar la testa.
La polizia ha colpito loro come poteva colpire chiunque, come già hanno  colpito in questi ultimi 2 mesi, 22 compagni a Firenze, 6 a Padova e 12  ancora a Bologna lo scorso 6 aprile, e ultimamente anche in Piemonte.
La repressione deve zittire il dissenso, che in questo periodo di crisi,  diventa sempre più forte e pericoloso. Non importa se a commettere  reati sia un anarchico o un comunista o writer apolitico.
L’importante è che passi il messaggio/minaccia che alle leggi di questo  stato non ci si può opporre, ma solo sottostare in silenzio. Ordine e  disciplina rimangono, come nel ventennio, le parole d’ordine di chi ci  governa, a prescindere dal colore politico.
A noi di queste leggi che tutelano solo il privilegio e la libertà della  classe borghese, che legittimano solo lo sfruttamento, il disastro  ecologico, il furto perpetuato dalle banche, la violenza degli sbirri,  la privazione della libertà per gli sfruttati e la guerra, non ce ne può  fottere un cazzo!
Se sottostare alle leggi vuol dire non potersi opporre concretamente  alla fame, alla miseria, alla violenza dello stato, alle gabbie e alla  distruzione sistematica di popolazioni e terre, allora non possiamo che  scegliere di continuare a lottare.
Solidarietà e complicità con i compagni perseguitati dalla legge
A Bologna, a Firenze, a Padova, in Piemonte e ovunque
Per la Rivoluzione!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

