Storie di repressione e apatia
Il giorno dopo l’operazione di polizia che ha portato a 6 arresti e più di 60 perquisizioni in tutt’Italia, in pieno stile intimidatorio da squadristi, parte l’attacco di giornali e mass media. L’attività di mistificazione della propaganda politica, descrive i compagni del Fuoriluogo come una cellula terroristica pericolosa quasi quanto Al Qaeda, rimarcando continuamente “la natura violenta delle azioni”, le finilità eversive del gruppo, la clandestinità dei rapporti, i collegamenti nazionali e internazionali, mettendo tra le stesse righe brigate rosse, ‘ndragheta e spaccio internazionale di droga, arrogandosi perfino il diritto di entrare nella vita privata dei compagni, parlando di relazioni amorose e gossip di basso gusto.
Oltre lo schifo che si prova di fronte al sadico gusto di certi individui di provare tanta euforia per delle persone che vengono private della loro libertà e stuprate nell’intimo su tutti i giornali per il feticismo di qualche digossino annoiato, ci chiediamo sopratutto una cosa: coma fa la gente a credere a queste cazzate? Forse la domanda è generata da un nostro ottimismo sulle facoltà intellettive dell’uomo, ma non possiamo davvero credere che questo mondo sia occupato nella maggior parte da idioti.
Si può credere che le parole dei giornali e dei mass media siano verità assolute, si può credere alla bontà e alla buona volontà degli agenti di polizia e dei militari, si può credere che a gestire questa società sia tutta gente onesta e abbastanza intelligente da decidere al posto nostro; si può credere che tutte queste vetrine e tutte queste merci che abbiamo a disposizione siano il benessere massimo a cui l’uomo possa aspirare, che si può avere una vita migliore aspirando a diventare grandi imprenditori o importanti banchieri, e di poterlo fare solo con la costanza del lavoro, senza sporcarsi le mani. Si può credere che se ci sono problemi in questo mondo, la colpa è di chi si ribella, di chi non si accontenta della suo misero pasto, di chi non accetta di spaccarsi la schiena per fare gli interessi di un altro, di chi cerca di arrangiarsi con espedienti perchè non ha altro per campare, di chi scrive sui muri o grida per strada il suo disagio, di chi reagisce ai soprusi subiti, di chi si incazza; si può credere che la colpa sia dell’immigrato, del teppista, del barbone, dello spacciatore, del ladruncolo, del comunista o dell’anarchico. Si può credere che la violenza sia la volontà di attaccare le gabbie che rinchiudono gli oppressi, i lager come i CIE, le strutture che devastano intere terre per estrarre petrolio ed esportare guerra, e che non sia violenza, ma anzi giustizia, il celerino che pesta i manifestanti, il poliziotto che arresta e tortura un tossico, o il carabiniere che spara e uccide per “difendersi” da un giovane disarmato. Si può credere che non sia violenza tenere rinchiuse persone per anni privandoli di qualsiasi contatto umano, costringerne altre ad assumere psicofarmaci compromettendo irrimediabilmente le loro capacità intellettive, schiavizzare i poveri per un pezzo di pane, distruggere la terra allo scopo di guadagnare e produrre. Si può credere a tutte queste favole solo se si passa la vita a credere e non a verificare. Come quando da bambini si credeva a babbo natale e poi si è scoperto che era papà mascherato. Come ci si è sentiti idioti per aver creduto in qualcosa di così assurdo, ma come ci si è sentiti soddisfatti per essersene resi conto da soli?
Oltre il mondo virtuale che ci hanno creato attorno, fatto di immagini e parole di giornali e televisioni, di vite immateriali su internet, di illusioni propinate dai politici, menzogne delle pubblicità, paura dell’apparato repressivo dello stato, c’è la vita reale.
È una realtà fatta di gente che spreca la vita a rincorrere beni effimeri che dopo un mese nessuno considera più di moda, continuamente insoddisfatta perchè non sa cosa vuole realmente, ma vuole solo quello che gli suggerisce la pubblicità; gente apatica, grigia, che ha dimenticato cosa vuol dire gioia, e cosa davvero vuol dire rabbia.
È una realtà fatta di morte e fame, poveri ammassati ai confini delle città dove ancora si riesce a sopravvivere, che cercano il cibo fra le discariche, gente costretta a lasciare la propria terra e muore nel tentativo farlo, a causa di guerre portate avanti da pochi ricconi esclusivamente per i loro interessi, per il petrolio e per il dominio dei territori e dei mercati; guerre che uccidono migliaia di persone al giorno, civili, militari o addirittura quelli che per comodità si è scelti come alleati, bombe nucleari e gas chimici. Come in Libia, dove le forze occidentali, per sottrarre a Gheddafi il controllo del petrolio nordafricano, fingono di appoggiare gli insorti bombardando l’intera popolazione, finendo con il colpire in più di un caso gli insorti stessi. Le stesse forze occidentali che su un altro fronte, da tiranni anche loro, attaccano proprio la potenzialità insurrezionale che mira a “una rivolta generalizzata contro lo Stato”, esattamente come quella che sta facendo cadere Gheddafi, arrestando in un solo giorno 6 compagni accusati di desiderare un mondo diverso da quello che ci impongono e schierando militari e telecamere in ogni angolo delle città per controllare e reprimere il diverso.
E dopo questo ci chiediamo: è mai stato possibile credere che il mondo vada nel verso giusto lasciandolo in mano ad altri, semplicemente stando seduti comodamente sul proprio divano, o solo noi stessi abbiamo la possibilità di farlo andare dove vogliamo? Ovviamente la risposta è la rivolta.
1 Comment on Storie di repressione e apatia
Sorry, the comment form is now closed.
are you on linkedin?