Storie di repressione e apatia

  • Aprile 7, 2011 15:22

Il giorno dopo l’operazione di polizia che ha portato a 6 arresti e più di 60 perquisizioni in tutt’Italia, in pieno stile intimidatorio da squadristi, parte l’attacco di giornali e mass media. L’attività di mistificazione della propaganda politica, descrive i compagni del Fuoriluogo come una cellula terroristica pericolosa quasi quanto Al Qaeda, rimarcando continuamente “la natura violenta delle azioni”, le finilità eversive del gruppo, la clandestinità dei rapporti, i collegamenti nazionali e internazionali, mettendo tra le stesse righe brigate rosse, ‘ndragheta e spaccio internazionale di droga, arrogandosi perfino il diritto di entrare nella vita privata dei compagni, parlando di relazioni amorose e gossip di basso gusto.

Oltre lo schifo che si prova di fronte al sadico gusto di certi individui di provare tanta euforia per delle persone che vengono private della loro libertà e stuprate nell’intimo su tutti i giornali per il feticismo di qualche digossino annoiato, ci chiediamo sopratutto una cosa: coma fa la gente a credere a queste cazzate? Forse la domanda è generata da un nostro ottimismo sulle facoltà intellettive dell’uomo, ma non possiamo davvero credere che questo mondo sia occupato nella maggior parte da idioti.

Si può credere che le parole dei giornali e dei mass media siano verità assolute, si può credere alla bontà e alla buona volontà degli agenti di polizia e dei militari, si può credere che a gestire questa società sia tutta gente onesta e abbastanza intelligente da decidere al posto nostro; si può credere che tutte queste vetrine e tutte queste merci che abbiamo a disposizione siano il benessere massimo a cui l’uomo possa aspirare, che si può avere una vita migliore  aspirando a diventare grandi imprenditori o importanti banchieri, e di poterlo fare solo con la costanza del lavoro, senza sporcarsi le mani. Si può credere che se ci sono problemi in questo mondo, la colpa è di chi si ribella, di chi non si accontenta della suo misero pasto, di chi non accetta di spaccarsi la schiena per fare gli interessi di un altro, di chi cerca di arrangiarsi con espedienti perchè non ha altro per campare, di chi scrive sui muri o grida per strada il suo disagio, di chi reagisce ai soprusi subiti, di chi si incazza; si può credere che la colpa sia dell’immigrato, del teppista, del barbone, dello spacciatore, del ladruncolo, del comunista o dell’anarchico. Si può credere che la violenza sia la volontà di attaccare le gabbie che rinchiudono gli oppressi, i lager come i CIE, le strutture che devastano intere terre per estrarre petrolio ed esportare guerra, e che non sia violenza, ma anzi giustizia, il celerino che pesta i manifestanti, il poliziotto che arresta e tortura un tossico, o il carabiniere che spara e uccide per “difendersi” da un giovane disarmato. Si può credere che non sia violenza tenere rinchiuse persone per anni privandoli di qualsiasi contatto umano, costringerne altre ad assumere psicofarmaci compromettendo irrimediabilmente le loro capacità intellettive, schiavizzare i poveri per un pezzo di pane, distruggere la terra allo scopo di guadagnare e produrre. Si può credere a tutte queste favole solo se si passa la vita a credere e non a verificare. Come quando da bambini si credeva a babbo natale e poi si è scoperto che era papà mascherato. Come ci si è sentiti idioti per aver creduto in qualcosa di così assurdo, ma come ci si è sentiti soddisfatti per essersene resi conto da soli?

Oltre il mondo virtuale che ci hanno creato attorno, fatto di immagini e parole di giornali e televisioni, di vite immateriali su internet, di illusioni propinate dai politici, menzogne delle pubblicità, paura dell’apparato repressivo dello stato, c’è la vita reale.

È una realtà fatta di gente che spreca la vita a rincorrere beni effimeri che dopo un mese nessuno considera più di moda, continuamente insoddisfatta perchè non sa cosa vuole realmente, ma vuole solo quello che gli suggerisce la pubblicità; gente apatica, grigia, che ha dimenticato cosa vuol dire gioia, e cosa davvero vuol dire rabbia.

È una realtà fatta di morte e fame, poveri ammassati ai confini delle città dove ancora si riesce a sopravvivere, che cercano il cibo fra le discariche, gente costretta a lasciare la propria terra e muore nel tentativo farlo, a causa di guerre portate avanti da pochi ricconi esclusivamente per i loro interessi, per il petrolio e per il dominio dei territori e dei mercati; guerre che uccidono migliaia di persone al giorno, civili, militari o addirittura quelli che per comodità si è scelti come alleati, bombe nucleari e gas chimici. Come in Libia, dove le forze occidentali, per sottrarre a Gheddafi il controllo del petrolio nordafricano, fingono di appoggiare gli insorti bombardando l’intera popolazione, finendo con il colpire in più di un caso gli insorti stessi. Le stesse forze occidentali che su un altro fronte, da tiranni anche loro, attaccano proprio la potenzialità insurrezionale che mira a “una rivolta generalizzata contro lo Stato”, esattamente come quella che sta facendo cadere Gheddafi, arrestando in un solo giorno 6 compagni accusati di desiderare un mondo diverso da quello che ci impongono e schierando militari e telecamere in ogni angolo delle città per controllare e reprimere il diverso.

E dopo questo ci chiediamo: è mai stato possibile credere che il mondo vada nel verso giusto lasciandolo in mano ad altri, semplicemente stando seduti comodamente sul proprio divano, o solo noi stessi abbiamo la possibilità di farlo andare dove vogliamo?  Ovviamente la risposta è la rivolta.

LA VOSTRA REPRESSIONE NON CI FERMERA’

  • Aprile 6, 2011 15:17

Oggi 06 aprile la questura di Bologna ha dato il via ad un’operazione in tutta Italia che ha portato a più di 60 perquisizioni, una trentina solo in Emilia-Romagna con l’accusa di associazione a delinquere, arresti a Bologna ai danni di 5 compagni di Fuoriluogo, con la medesima accusa, e un altro arresto a Ferrara.

Lo stato scaglia il medesimo attacco in quella che è una vera guerra interna.

La crisi che continua a corrodere le persone, le rivolte contro tutto il sistema che avanzano in tutto il mediterraneo, fanno paura allo stato, fanno paura ai padroni, che di risposta aumentano la repressione.

Vengono colpiti e criminalizzati tutti, o almeno tutti quelli che potenzialmente potrebbero portare il vento di rivolta contro l’esistente: chi sciopera, chi ruba per mangiare, chi si ribella chi esprime lo sdegno per un sistema ormai in declino. Dopo tante guerre contro nemici esterni, inizia la guerra contro il nemico interno.

Guerra interna significa creare sempre nuovi nemici per  tenerci a bada e divisi, un giorno può essere l’immigrato, un giorno può essere il barbone, l’operaio, il comunista, l’anarchico. Il potere non guarda in faccia a nessuno e colpisce sempre.

Anche per questo la repressione a Bologna avanza per tutti, dalla chiusura dei luoghi di aggregazione, alla regolamentazione del comportamento nelle strade, agli sfratti forzati contro chi non si può permettere di pagare l’affitto, a migliaia di lavoratori messi in ginocchio dalla crisi, ai migranti sfruttati all’estremo, torturati e rinchiusi dentro i CIE.

La repressione dello stato si accanisce soprattutto contro chi queste cose le denuncia esprimendo palesemente la propria idea di questo sistema marcio, cercando di gridare ad alta voce l’oppressione e il malessere. E quello che è successo oggi lo dimostra. Lo stato attaccando un determinata area politica, cerca di circoscrivere e ingabbiare il malessere, cercando di far credere che i problemi generati da questo sistema siano solo di pochi.

In quanto anche noi oppositori di questo sistema di dominio e colpiti dalla stessa repressione che oggi ha colpito i compagni, esprimiamo solidarietà agli arrestati e ai perquisiti, con la determinazione di non cessare la lotta e di non cedere agli attacchi del sistema caino.

Anzi rilanciamo con la rabbia nel cuore tutto il nostro disprezzo verso la polizia, che arresta, bastona tortura e uccide, contro i giornalisti che mistificano i problemi di questo mondo creando falsi nemici e verità confezionate utili solo al dominio, contro lo stato che tutto questo gestisce e contro il capitale che tutto questo crea.

 

Libertà per Stefi, Martino, Nicu, Bob, Anna e Strego

 

Assemblea anticapitalista

 

*PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI ARRESTATI

OGGI 6 APRILE, ORE 20.00, SOTTO IL CARCERE DELLA DOZZA

 

*CORTEO CONTRO LA GUERRA ESTRERNA ED INTERNA

SABATO 16 APRILE, ORE 15.00, PIAZZA XX SETTEMBRE

La guerra tra i ricchi, i morti tra i poveri

  • Marzo 21, 2011 15:20

Ancora un volta le truppe della morte occidentali hanno mobilitato il loro apparato bellico internazionale in nome della “pace”. E ancora una volta c’è di mezzo il petrolio. Semplice coincidenza? Assolutamente! Quando si parla di pace, e per pace si intende la situazione di pacifica e ordinata sussistenza delle attuali condizioni (cioè l’equilibrio del sistema), è ovvio che essa non si può ottenere, se non assicurandosi  la principale risorsa che permette il funzionamento degli ingranaggi  del suddetto sistema. Quindi una guerra per il petrolio, è sempre e comunque una guerra per la pace!

Sono tempi di rivolte e insurrezioni, catastrofi naturali, crisi politiche ed economiche, problemi sociali e psichici, e l’ordine beato della pace tanta cercata dai padroni, sembra sempre più lontano. Il caos che regola questo cosmo  non è stato affatto sconfitto da tutti i tentativi impacciati dell’uomo o del sistema, che ha sempre tentato di ingabbiarlo e ordinarlo. Così per non rendere vani  anni e anni di sfruttamento selvaggio e devastazioni, che hanno permesso alla pace e ai suoi portatori di imporre il proprio ordine e la propria autorità sul mondo,  bisognava fare assolutamente qualcosa.  Stavolta poi sono le porte di casa che vanno a fuoco, il mediteranno è a portata di uno sputo, e l’eco dell’insurrezione, o peggio ancora la vittoria di un rais che si terrebbe per sé poi tutto il petrolio, comprometterebbe irrimediabilmente la pace in tutto il mondo globalizzato. Quindi prima si pensa a riappropriarsi del petrolio, e dopo, come già dichiarato da tutte le forze occidentali, si lavora per stabilire un regime occidentale in Libia, e porre quindi fine all’insurrezione.

Fu così che i baldanzosi Sarkozy e Cameron, consci di non poter lasciare la difesa di questa pace in mano ad una NATO siglata USA che aveva già dimostrato diverse pecche ed affanni in Iraq e Afghanistan , inventarono una coalizione per la pace nel mondo (con l’Italia sempre pronta ad esportare la propria pace firmata Finmeccanica ovunque) e iniziavano a bombardare la Libia ancora pregna del prezioso greggio, risolutore di tutti i conflitti.

E intanto la gente muore… Muore silurata dai missili di un esaltato come Gheddafi, che mai sazio di potere preferirebbe governare una terra senza una sola anima piuttosto che cedere il suo posto. Muore bombardata dai caccia della coalizione della/ per la pace. In ogni caso, quando i signori della guerra, bianchi o neri che siano (e questi non sono altro che i nostri Stati e le nostre Istituzioni) si muovono, la gente muore. E muore senza sapere un perché, in nome di una pace che non sanno bene nemmeno cosa sia, e che benefici non ne glie porterà di certo.  Una pace che vuole soltanto che tutti calino la testa ed obbediscano, si lascino sfruttare quando le esigenze dei padroni lo richiedono, e si lascino ammazzare quando questa pace va difesa. E’ una pace che necessita di servi, che porta all’immobilità della vita, alla monotona routine insoddisfacente, alla fredda visione e previsione dell’esistente. E’ una pace che vuol dire morte!

“Ah, Come è volgare la morte che danza senza avere sul dorso le ali di un’idea… Che cosa idiota morire senza sapere il perché…”

Come succede di solito, la lezione da imparare arriva sempre dai terzi incomodi della storia. Mentre infatti i potenti si fanno la guerra a suon di bombe e morti, c’è chi ha trovato il vero senso della vita! Quelle migliaia di persone che hanno imbracciato con gioia il fucile contro il tiranno, che si ritrovano con amore fraterno sui fronti e sulle barricate, e che stanno combattendo quello che per anni nel loro paese è stato il simbolo della pace. Ci invitano ad emularli, a mettere in gioco le nostre noiose esistenze, a scendere in strada per  voler cambiare il mondo apatico che ci circonda, a riappropriarci delle nostre vite, il che vuol dire anche morire lottando, dare un senso perfino alla propria morte. Ci invitano ad aiutarli, perché l’insurrezione contro lo Stato, contro ogni Stato,  è, tra l’altro, l’unico mezzo per debellare la guerra e i massacri dalla faccia di questo pianeta.

Contro la guerra e contro la pace!

Solidarietà vera con gli insorti in Libia

Anti-militaristi per l’insurrezione