L’affermazione del neo-fascismo tramite ordinanze e controllo sociale

  • Marzo 3, 2011 15:07

Esiste oggi un fascismo che si connota con i caratteri dell’intesa mondiale per la sicurezza, per la gestione di una pace presunta, che organizza le ansie, le paure e le angosce delle masse.

Ogni piccolezza và soffocata, chi alza la voce, parla, mangia, beve, vive la strada.

A ben vedere questo fascismo non è affatto meno terribile di quello conosciuto nel secolo scorso, anzi ne rappresenta la moderna continuazione, adattato alle nuove esigenze economiche e geopolitiche.

Le ordinanze della Cancellieri che entreranno in vigore a Marzo preoccupano, chiamano rabbia, ma certamente non meravigliano.

Si innescano in piena continuità in quell’uso dello strumento penalistico in funzione “propulsiva”, volto a diffondere fra la gente un modello etico-culturale e di rapporti umani.

Da anni, a Bologna come in tutta europa, esiste un consenso fondamentalmente bipartisan sulle questioni della “sicurezza”.

Questo focus securitario assume un pesante disvalore negativo sotto almeno due punti di vista.

Da un lato, per manifesta ammissione, si colora delle tinte della campagna elettorale. Il professor Pavarini, intascando una consulenza da 100.000 euro durante la giunta cofferatiana, dichiarava l’inutilità di una politica “eclusivamente repressiva” ai fini dell’abbattimento della microcriminalità e del degrado. Senza intervenire sulle cause di questi ultimi -e cioè avviando un’ampia opera di potenziamento dei servizi sociali ed assistenziali a fini preventivi- innalzare il livello della sorveglianza con telecamere, sbirri in borghese, contravvenzioni, non può che avere un semplice “effetto vetrina”.

Cioè propaganda elettorale. Ed è proprio la scelta che il partito democratico in primis ha fatto, abbattendo addirittura le spese sul welfare e facendo gonfiare quelle per la repressione.

Per altro verso invece è ormai evidente come la competizione elettorale non sia che l’ultimo degli elementi atti a giustificare la svolta neo-fascista che dalla Spagna di Zapatero, alla Francia di Sarkozy, alla Bologna della Cancellieri trova un’asse di continuità nelle politiche di gestione della socialità urbana.

Certe metropoli di oggi sono veri e propri centri di sperimentazione biopolitica, della gestione del corpo umano nella società dell’economia capitalista. La persona diventa materiale da utilizzare e da controllare. Il controllo sociale, ossia ciò che loro chiamano sicurezza, assume sotto questo aspetto il carattere della scienza esatta. Una scienza finalizzata alla stratificazione di un “pensiero unico” (prevalentemente coniato negli USA), mediante l’utilizzo strumentale dell’apparato coercitivo.

Le ordinanze della Cancellieri realizzano un passo avanti nella performance mediatica volta ad individuare un parametro di “giustezza sociale” cui conformarsi.

Lo strumento penale è dunque apertamente volto a mantenere e alimentare un preciso ordine economico e politico.

Il salto avanti rappresentato dalle ordinanze dell’oggi è peraltro evidente. Alla repressione mirata a punire un reato “tipico”, rappresenti esso un fenomeno di microcriminalità o meno, viene sostituita una “repressione preventiva”, basata sull’idea che certi contesti situazionali rappresentino il momento antecedente alla realizzazione di un reato vero.

L’idea di “degrado” si sostituisce a quella di reato.

 

Sono peraltro ampiamente smascherati gli obiettivi reali e concreti della politica sicuritaria alla Bolognese.

Da un lato reprimere quella pericolosissima socialità di piazza, fatta di cibo, birre, parole urlate e musica. Sappiamo ormai da tempo che il capitalismo moderno vuole i nostri tempi accellerati e frenetici: le piazze devono essere luogo di passaggio veloce in vista del prossimo appuntamento diurno. A questo sistema fà tanta paura un’idea di socialità aperta, dove i vari “strati” della società si parlano, si osservano, si mescolano, si confrontano. Molto più sicura una socialità al chiuso dei locali “bui”, dove le classi sociali tendono ad uniformarsi ed i gestori a pagare lauti compensi per le concessioni del comune.

Dall’altro invece è manifesta l’intenzione di portare avanti quei processi di gentrificazione, che vedono il centro storico ed anche quello universitario come luoghi da “riqualificare”, dediti allo shopping ed agli investimenti di chi costruirà nuovi mostri del consumo: togliere il vecchio, lercio e cattivo, mettere il nuovo, pulito ed esemplare. Peraltro non ci sfugge certo che proprio di questi tempi và accellerandosi il processo di delocalizzazione delle facoltà in vista della creazione di un polo universitario -stile campus- collocato in comoda periferia.

 

Il neo-fascismo ha insomma una paura ben precisa che lega strategicamente ordinanze di basso profilo a grandi manovre strategiche.

Ce la indica nitidamente il piano della NATO “urban operation 2020”: le guerre future non saranno cobattute da eserciti , ma saranno all’interno delle metropoli.

Quindi, controllare, utilizzare, reprimere, indirizzare verso un pensiero unico e… normalizzare la presenza dei militari per le strade. Da un punto di vista psicologico deve essere nulla di allarmante vedere costantemente militari armati per strada. Saranno loro prossimamente a sedare i conflitti urbani che verranno. E quanto questo quadro sia veritiero ce lo insegnano le dinamiche delle rivolte in Africa di questi giorni.

 

Contro il dilagare del neo-fascismo noi proponiamo di vivere quelle stesse piazze soggette ad ordinanze restrittive in maniera “naturale” ed antitetica a come il potere le vuole. E’ giunto il momento di dire che NON ABBIAMO BISOGNO SOLO DI COMUNICAZIONE. Abbiamo bisogno di creatività. Dobbiamo cercare nuove forme di resistenza al presente, di costruire insieme la propria immagine fuori dalle mani del potere.

Ci dicono di mangiare in modo consono? Noi rispondiamo con un pranzo sociale consono alle nostre idee di socialità, e, dopo, spazio di parola aperto a tutti.

 

Assemblea anticapitalista

 

 

Alleghiamo anche il documento del Collettivo Libertario Rivoluzionario riguardo il nuovo regolamento municipale:

Ordinanza Co.lib.ri.

Liberiamo piazza Verda dalle ordinanze antidegrado

  • Marzo 3, 2011 14:58

 

 

Dalle ore 12: pranzo sociale, musica e bivacco, banchetti contro informativi, arte di strada, spazi liberi di discussione e socialità.

Esiste oggi un fascismo che si connota con i caratteri dell’intesa mondiale per la sicurezza, per la gestione di una pace presunta, che organizza le ansie, le paure e le angosce delle masse.

Ogni piccolezza va soffocata, chi alza la voce, parla, mangia, beve, vive la strada.

Da anni, a Bologna come in tutta Europa, esiste un consenso fondamentalmente bipartisan sulle questioni della “sicurezza”.

 

Il professor Pavarini, intascando una consulenza da 100.000 euro durante la giunta cofferatiana, dichiarava l’inutilità di una politica “esclusivamente repressiva” ai fini dell’abbattimento della microcriminalità e del degrado. Senza intervenire sulle cause di questi ultimi innalzare il livello della sorveglianza con telecamere, sbirri in borghese, militari, contravvenzioni, non può che avere un semplice “effetto vetrina”.

Cioè propaganda elettorale.

 

Degrado sono i tagli al welfare, degrado è il centro di Bologna aperto al traffico dei suv e delle minicar, deserto dopo le dieci di sera; degrado è speculare con affitti esorbitanti (e spesso in nero), degrado è la patina grigia dello smog sui muri colorati, degrado è il coprifuoco, degrado è la gentrificazione dei quartieri, è l’abbattimento di esperienze sociali alternative, di modi di vivere altri. Degrado è il biglietto dell’autobus a € 1,50, degrado sono le case sfitte vuote, degrado è la mancanza di una retesociale.

 

Per questi e altri motivi già pensati e ancora da pensare, il 3 marzo ci riprendiamo il centro universitario in piazza Verdi per: arrampicarci sugli alberi, sui pali, sulle inferriate, sugli edifici, sui monumenti; distribuire materiali divulgativi; occupare abusivamente spazi pubblici o a fruizione collettiva; sederci, sdraiarci o soggiornare nelle strade, nelle piazze, nei giardini, sui marciapiedi, sotto i portici, sui gradini dei monumenti; ostacolare la circolazione pedonale; consumare alimenti e bevande in luoghi pubblici; raccogliere, per qualsiasi motivo, questue, elemosine, fondi o firme non debitamente autorizzate; avvicinarci ai veicoli in circolazione al fine di chiedere l’elemosina o offrire servizi quali la pulizia o il lavaggio di vetri o fari o altre parti del veicolo; esercitare attività di spettacolo viaggiante su aree non concesse a tale scopo; esporre o vendere opere dell’ingegno a carattere creativo in aree non appositamente individuate.

L’insicurezza alimenta la paura, e non sorprende che la guerra all’insicurezza sia in cima all’elencodelle priorità degli urbanisti […] Il guaio è che quando l’insicurezza viene meno, anche laspontaneità, la flessibilità, la sorpresa e l’avventura sono destinate a scomparire dalle strade cittadine.

L’alternativa all’insicurezza non è il dono della quiete, ma la condanna alla noia.

ZygmuntBauman

 

Individui e collettività degradati dalle ordinanze

Lager e sfruttamento armi dello stato

  • Marzo 1, 2011 15:27

I C.i.e ex cpt, ovvero centri di identificazione ed espulsione  sono veri e propri lager, introdotti dalla legge Turco-Napolitano nel ‘98 e “migliorati” dal punto di vista repressivo dal pacchetto sicurezza di Maroni, servono a “ospitare” chi viene trovato dalla polizia sprovvisto di documento d’identità comunitario, quindi extra-comunitari, definiti clandestini dalle leggi che permettono la chiusura delle frontiere. In queste strutture il tempo di reclusione è diventato di sei mesi, rinnovabili nel caso venga la necessità di trattenere ancora, per i tempi dell’espulsione.

 

DISTRUGGERE I C.I.E

PERCHE’

Distruggere un CIE è possibile. A Gradisca in questi giorni i reclusi hanno tirato su una rivolta tale che il lager è stato per la maggior parte demolito. A parte il risultato della distruzione del lager, 32 prigionieri sono stati liberati e altri sono in attesa della scarcerazione.

 

PERCHE’

Non è umano che le persone vengano rinchiuse,torturate e deportate, portando vantaggio a imprese e stato,che insieme si garantiscono controllo e profitti.

 

PERCHE’

Vivere con un lager a qualche chilometro da casa,significa abituarsi al fatto che esistano,e che sia giusto così. Significa accettare il fatto che delle persone per il semplice motivo,di non possedere un pezzo di carta possano essere trattati come carne da macello e  imprigionati perchè clandestini.

 

PERCHE’

Ci vogliono fare credere che siamo diversi,in base al colore della pelle,o all’area geografica d’appartenenza. Propagandando odio e xenofobia,nei confronti del “diverso” che sia immigrato,gay,trans,delinquente,povero,black block e tanti altri nomi,usati in base alla paura che più usano per fomentare la guerra tra poveri.

 

PERCHE’

Bisogna ribellarsi ad un sistema che ci opprime tutti con leggi che altro non servono,se non a garantire ordine, controllo e profitto. In un periodo di crisi come questo,chi vive meglio sono sempre loro,i padroni, gli imprenditori, gli industriali,chiamiamoli come vogliamo, che grazie alla complicità dello stato,sfruttano legalmente i lavoratori e le lavoratrici, chi lotta per garantirsi la sopravvivenza,condannato alla miseria, sfruttato e controllato.

 

FARLO E’ POSSIBILE

Lo stanno già facendo,nei paesi in rivolta. Non accettare più queste condizioni significa rivoltarsi contro questo sistema,e lo hanno e lo stanno dimostrando anche nei paesi tutt’ora in rivolta,come per esempio la Tunisia,dove dopo lo scoppio delle rivolte,a migliaia sono riusciti a scappare dalle carceri. Oppure in Egitto dove i rivoltoso hanno attaccato le carceri per liberare i prigionieri.

 

E CHE RIVOLTA SIA

Se altro non ci rimane,non può sicuramente bastare uno sciopero,può essere il minimo,ma mai più di adesso è diventato necessario attaccare per sopravvivere. Trovandoci sotto un grande attacco alle fasce più deboli della popolazione e non solo, la rivolta è il mezzo con il quale bisogna cominciare a lottare,per riprenderci le nostre coscienze,per riacquistare consapevolezza della nostra vita. Bisogna soprattutto  adesso  scegliere da che parte della barricata stare,se al fianco di chi vuole concertare o al fianco di chi vuole la rivolta per liberarsi di questi governi tiranni e assassini.